[vc_row][vc_column][vc_column_text]Se il coronavirus è nemico dell’uomo, certamente si sta rivelando suo malgrado amico dell’ambiente. Un nuovo studio ha messo in luce che l’epidemia di cui tanto si parla in queste settimane ha ridotto l’inquinamento in Cina, pari al 6% del totale mondiale rispetto al periodo dello stesso anno e un calo di 100 milioni di tonnellate sempre rispetto all’anno precedente.
A rivelarlo è stata una ricerca condotta dal Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) in Finlandia, secondo cui le emissioni cinesi di anidride carbonica sono diminuite di almeno 100 milioni di tonnellate nelle ultime due settimane.
Si tratta di un paradossale effetto positivo di quello che resta un’enorme tragedia globale. Il calo delle emissioni per chi si occupa di cambiamento climatico è, e dovrebbe essere, un incredibile spunto di riflessione.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
Di fronte a una minaccia percepita come tale per l’umanità, sono state adottate misure estreme, massicce. Insomma la produzione si è fermata, milioni di voli sono stati bloccati, milioni di persone non escono di casa, intere città e zone della Cina sono praticamente deserte, le scuole sono chiuse con i ragazzi che studiano via web. E lo stesso comincia ad accadere anche da noi e lo sarà sempre di più se i casi si moltiplicheranno. Queste misure estreme sono assolutamente giuste, anzi, le critiche sono state relative al non esserlo abbastanza.[/vc_column_text][vc_single_image image=“1743” img_size=“full” add_caption=“yes” alignment=“center” onclick=“link_image”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
Di fatto il coronavirus ha paralizzato l’economia cinese e gli impatti sulla domanda energetica e sulle emissioni del Paese stanno solo iniziando a farsi sentire. Secondo lo studio pubblicato sul sito Web Carbon Brief con sede in Gran Bretagna, la rapida diffusione del virus ha portato a un calo della domanda di carbone e petrolio, con una conseguente riduzione delle emissioni.[/vc_column_text][vc_column_text]
La domanda di elettricità e la produzione industriale cinese rimangono di gran lunga al di sotto dei livelli abituali come suggerito da una serie di indicatori, tra cui:
Le misure per contenere il coronavirus hanno portato a riduzioni della produzione dal 15% al 40% nei settori industriali chiave. È probabile che questo abbia spazzato via un quarto o più delle emissioni di CO2 del paese nelle ultime due settimane, il periodo in cui l’attività sarebbe normalmente ripresa dopo le vacanze di Capodanno cinesi.
Nello stesso periodo del 2019, la Cina ha rilasciato circa 400 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2), ciò significa che il virus avrebbe potuto ridurre le emissioni globali di CO2 di 100Mt fino ad oggi. La domanda chiave è se gli impatti saranno compensati o addirittura invertiti dalla risposta del governo alla crisi.
Le prime analisi dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) e dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) suggeriscono che le ripercussioni dell’epidemia potrebbero abbattersi sulla domanda mondiale di petrolio tra gennaio e settembre di quest’anno.
Anche le emissioni cinesi di biossido di azoto – un sottoprodotto della combustione di fossili nei veicoli e nelle centrali elettriche – sono diminuite del 36% nella settimana successiva alle vacanze di Capodanno lunare, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.[/vc_column_text][vc_column_text]
Niente di tutto ciò è accaduto invece in relazione alla minaccia del cambiamento climatico. Minaccia che, dati della scienza alla mano (e non solo: ci sono anche i dati della cronaca, devastazioni e catastrofi), è molto, ma molto più pericolosa del coronavirus. Perché mentre rispetto al virus c’è un grosso margine di incertezza – non sappiamo cosa accadrà – nel caso del cambiamento climatico molto è stato scritto, e da molti anni e quasi tutto si è verificato esattamente come avevano predetto gli scienziati, semmai con margini di arrotondamento verso il peggio.
Insomma, resta davvero inspiegabile come mai questa minaccia, il riscaldamento globale in atto e progressivo, non venga ancora percepita come tale. Perché se lo fosse, si metterebbero sicuramente in atto misure drastiche quanto quelle adottate nel caso del coronavirus.
Se insomma, concludendo, di fronte al coronavirus nessun economista si sogna di dire “ma l’economia non può essere fermata”, perché passerebbe per pazzo, lo stesso non dovrebbe essere mai detto di fronte alle conseguenze del riscaldamento globale. Una certa economia, dannosa per l’ambiente, va assolutamente fermata e subito, ovviamente cominciando a pensare a strumenti per la transizioni che aiutino le aziende a cambiare (e così le persone).
Il fatto – comunque positivo per il pianeta e quindi per la nostra salute e salvezza – che il coronavirus abbia ridotto le emissioni mostra inoltre con chiarezza, se mai ci fossero ancora scettici, che le emissioni di co2 sono direttamente legate alle attività umane. E in quanto tali, possono essere ridotte. Sarebbe anche una bellissima notizia, se non fosse che quasi certamente, finito il rischio virus, le emissioni torneranno a impennarsi, la gente si rassicurerà e tutti crederanno di poter tornare alla normalità. Che però non ci può essere, appunto, fino a che non affrontiamo di petto il problema del riscaldamento globale.
Torneranno alla normalità anche i quotidiani, che dopo aver dedicato centinaia di prime pagine al coronavirus, con titoli da panico che hanno senz’altro contribuito ad alimentare l’ansia e la paura, continueranno a dimenticare il climate change.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]