[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il nome si rifà chiaramente al New Deal, l’insieme delle riforme sociali ed economiche varate dal presidente Franklin Delano Roosevelt negli anni ‘30 per risollevare gli Stati Uniti dalla Grande depressione.
Esattamente come il primo, anche il pacchetto di provvedimenti green nasce come risposta ad una grande crisi, ovvero quella climatica. Se il New Deal roosveltiano fu finanziato e gestito in maniera centralizzata dal governo, il Green New Deal, che ha come obiettivo la costruzione di un’infrastruttura particolare, invece, ha bisogno di un approccio politico diverso.
Tradizionalmente pensiamo alle infrastrutture come a piattaforme centralizzate globali, finanziate in modo considerevole dalla spesa pubblica e destinate al grande pubblico: sistemi stradali, linee elettriche e telefoniche, centrali elettriche, sistemi idrici e fognari, aeroporti, strutture portuali, etc. L’infrastruttura della Terza rivoluzione industriale invece richiede una rete elettrica nazionale intelligente (smart grid), una rete di energia rinnovabile gestita digitalmente, in grado di mediare e gestire il flusso di elettricità verde interattivo tra milioni di utenti nelle loro case, automobili, uffici, fabbriche e comunità, mentre molti dei componenti dell’infrastruttura reale che si alimentano da quella rete e a loro volta la alimentano sono di natura totalmente distribuita e appartengono letteralmente a milioni di individui, famiglie e centinaia di migliaia di piccole imprese che li hanno finanziati.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
Ogni tetto solare, turbina eolica, edificio nodale di Internet of Things, data center periferico, batteria di accumulo, stazione di ricarica, veicolo elettrico, etc. è anche un elemento dell’infrastruttura. A differenza delle infrastrutture della prima e seconda rivoluzione industriale, che erano ingombranti, verticistiche, statiche e non interattive quella distribuita della Terza Rivoluzione Industriale è, per sua stessa natura, fluida e aperta, e ottiene economie di scala in modo non centralizzato permettendo letteralmente a milioni di cittadini di condividere dati, energia, mobilità elettrica, sorveglianza, notizie, conoscenza e intrattenimento, in una “sharing economy” nascente e altri, utilizzando i componenti dell’infrastruttura in cui vivono e lavorano, in una evoluzione permanente delle piattaforme digitali.
Gran parte dell’infrastruttura intelligente, quindi, diventerà operativa grazie a sovvenzioni, incentivi. E’ necessario un nuovo modo di fare politica e ciò richiederà una trasformazione radicale dell’economia, della società e del nostro stesso modo di vivere.
Siamo di fronte all’emergenza climatica globale, i più giovani (Millennial e Generazione Z) stanno guidando una mobilitazione planetaria a sostegno di un New Deal globale green per salvare la vita sulla Terra e lanciare un movimento politico che rivoluzionerà la società. Negli USA, tutti i principali candidati del Partito Democratico alle elezioni presidenziali del 2020 hanno annunciato il loro sostegno a un Green New Deal e questo concetto ha fatto il giro del mondo arrivando anche in Europa, dove La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha posto il Green New Deal al centro della trasformazione dell’Europa in una società post-carbon entro il 2050.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
Il Green New Deal è una delle tante misure che riguardano efficienza energetica e le rinnovabili, vediamo insieme quali sono gli altri articoli del ddl 2020 italiano:
In sintesi, questa manovra prevede di raddoppiare i fondi verdi rispetto al 2019: si parla infatti di 4,5 miliardi di euro contro i 2,4 miliardi nel 2019.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
Come già accennato, gli impianti fotovoltaici giocano un ruolo fondamentale nel Green New Deal: ogni tetto di casa e capannone di azienda sarà parte integrante della nuova infrastruttura. Nonostante la caduta dei prezzi degli ultimi anni, il numero di impianti, soprattutto i grandi impianti fotovoltaici, fanno fatica a tracciare una curva positiva. Questo perché, dalla fine dei Conti Energia, in cui era molto più semplice comunicare la convenienza del fotovoltaico (più kilowatt installati, più guadagno), è diventato più complesso trasmettere i benefici dell’autoconsumo e di come questi incidano sul Tasso interno di rendimento. È importante dunque far comprendere le reali opportunità che risiedono nell’investire in un impianto fotovoltaico e siamo sicuri che la manovra del green News Deal darà una grande spinta in questo senso.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_message message_box_color=“vista_blue” icon_fontawesome=“fa fa-eye”]Scarica la case history di Mantero Seta, azienda tessile della provincia di Como[/vc_message][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Nella prima metà del 2019 nonostante la possibilità del super-ammortamento per le aziende, il grande freno all’avvio di grandi realizzazioni è stato rappresentato dal Decreto FER 1: i processi decisionali si sono completamente fermati nell’attesa di capire i benefici e gli incentivi. La verità è che il Decreto è stata una bolla che ha portato all’unico effetto di rallentare le installazioni. Ma l’inversione di tendenza è dietro l’angolo. Sempre più aziende del settore metalmeccanico, alimentare e tessile, che devono gestire cicli produttivi continui e che hanno un’elevatissima spesa energetica, si stanno dotando per autoprodurre parte della fornitura di energia elettrica.
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